SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 20-7-2000, la Moellhausen spa, la BBE International spa, la Gerli Aromatici srl e la Di Minno Dario & C. srl convenirono in giudizio innanzi al Tribunale di Milano la Creative Flavours and Fragrances srl e la Creations et Parfums srl, premettendo di essere creditrici di quest'ultima compagine per il complessivo importo di lire 529.587.300, a titolo di forniture di prodotti cosmetici (di cui lire 233.545.500 spettanti alla Moellhausen, lire 163.096.200 alla BBE, lire 89.833.200 alla Gerli e lire 43.112.400 alla D.M.) ed esponendo che la debitrice aveva stipulato il 29-3-2000 con la CFF un contratto di affitto d azienda della durata di un anno, rinnovabile.
Assumevano che tale contratto, comportante in realtà il passaggio della proprietà delle scorte di magazzino in capo al l'affittuaria ed il consumo di tali beni senza alcun corrispettivo, pregiudicava le loro ragioni creditorie a proponevano pertanto azione per l'accertamento della natura simulata del contratto d'affitto, dissimulante uno cessione d'azienda (con conseguente solidale responsabilità della cessionaria per i debiti aziendali della cedente e condanna della prima al pagamento del dovuto), nonchè, in subordine, dichiararsi l'inefficacia ex art. 2901 c.c. del contratto di affitto di azienda de quo e dei trasferimenti che ne derivavano, e, in ulteriore subordine, dichiarare la nullità o annullare il contratto di affitto, per illiceità dei motivi, ex art. 1416 c.c..
Costituitasi, la CFF chiedeva respingersi le domande e, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi che la risoluzione dei contratti di fornitura in corso con le attrici era dovuta a loro colpa o recesso senza preavviso e che le stesse s'erano rese colpevoli di atti di concorrenza sleale, con conseguente loro condanna al pagamento della somma di lire 550 milioni per il primo titolo e lire 3 miliardi per il secondo. Ne chiedevano infine la condanna al pagamento dell'ulteriore somma di lire 500 milioni, a ristoro del donni per lite temeraria. Alla prima udienza, nella dichiarata contumacia della Creations et Parfums srl, interveniva la Redifin, in adesione alle ragioni della convenuta CPF. Anche le attrici Gerli Aromatici srl e Di Minno Dario & C. srl non si costituivano, dopo che il giudizio veniva interrotto e poi riassunto a seguito del fallimento della Creations et Parfums srl, e perciò venivano parimenti dichiarate contumaci Espletata istruttoria, il Tribunale di Milano con sentenza 11235/05:
1) dichiarava estinto il giudizio, nei rapporti tra le attrici Gerli Aromatici srl e Di Minno Dario & C. srl, la convenuta Creative Flavours and Fragrances srl e l'intervenuta Redifin spa; 2)in accoglimento della domanda principale proposta dalla Moellhausen spa e dalla BBE International spa, accertata la natura simulata del contratto d'affitto d'azienda e l'esistenza del contratto di cessione d'azienda nonchè dichiarata la solidale responsabilità della convenuta Creative Flavours and Fragrances per i debiti dedotti in lite, condannava detta società al pagamento della residue somme di Euro 83.278,35 a favore della Moellhausen e di Euro 60.215,68 in favore della BBE, oltre interessi legali della singole scadenze al soddisfo; 3) dichiarava inammissibili le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta Creative Flavours and Fragrances srl;
rigettava la domanda risarcitoria proposta ex art. 96 c.p.c. della Creative Flavours and Fragrances srl; respingeva l'intervento spiegato dalla Redifin spa; Sprovvedeva sulle spese. La società Creative Flavours & Fragrances S.p.A proponeva appello avverso la detta sentenza con atto di citazione notificato in data 9/10 nov.
2005. Si costituivano con separate comparse, da un lato, l'appellata REDIFIN S.p.A., e, dall'altro, congiuntamente, le appellate MOELLHAUSEN S.p.A. e B.B.E. INTERNATIONAL S.r.l. Non si costituivano nè la società CREATIONS ET PARFUMS Srl in liquidazione, nè il Fallimento della società stessa, benchè entrambi regolarmente citate.
La Corte d'appello di Milano, con sentenza 3290/08, in accoglimento dell'appello e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il difetto di legittimazione attiva delle attrici Moellhausen spa e BBE International srl rispetto alla domanda di accertamento della simulazione da essa proposta in causa oltre che delle ulteriori domande formulate in via derivativa e le condannava al pagamento delle spese di giudizio.
Avverso la detta sentenza ricorrono per cassazione la Moellhausen spa e BBE International srl sulla base di sette motivi illustrati con memoria,cui resiste con controricorso la CFF che propone altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di un motivo cui resistono con controricorso le ricorrenti. Non hanno svolto attività difensiva la C ET P srl, la Redifin spa e l'avv.to F. quale antistatario.


MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta la dichiarazione di difetto di legittimazione ad agire, in capo alle odierne ricorrenti,avendo ritenuto la Corte d'appello che questa dovesse essere valutata, ex art. 1415 c.c., comma 2, in relazione alla domanda di simulazione, con la conseguenza che le stesse difettavano di un preesistente diritto di credito nei confronti di CFF. Sostengono che nel caso di specie non si trattava di una questione di legittimazione ad agire rilevabile d'ufficio bensì di una questione di titolarità della situazione giuridica sostanziale attinente al merito e suscettibile di esame solo su eccezione di parte.
Con il secondo motivo i ricorrenti sostengono essersi formato il giudicato in assenza di specifico motivo d'impugnazione e dell'acquiescenza prestata dall'appellante principale riguardo alla qualificazione giuridica attribuita dal giudice di primo grado alla domanda giudiziale avente ad oggetto, come mero accertamento incidentale,la verifica della natura simulata del contratto,per cui era precluso al giudice d'appello, attribuire alla domanda un diverso nomen iuris rispetto a quello attribuito dal giudice di primo grado, e pertanto la valutazione circa la sussistenza della legittimazione ad agire debba essere operata unicamente sulla base della qualificazione giuridica della domanda operata dal giudice di primo grado".
Con il terzo motivo contestano la sentenza impugnata laddove questa ha ritenuto che "l'azione promossa in via autonoma e principale...
era un'azione di accertamento della simulazione, volta si ad ottenere, ma soltanto come conseguenza finale, l'attuazione della responsabilità di CFF ai sensi dell'art. 2560 c.c.".
Con il quarto motivo censurano l'affermazione secondo cui "l'azione promossa in via autonoma e principale" sarebbe "un'azione di accertamento della simulazione, volta sì ad ottenere, ma soltanto come conseguenza finale, l'attuazione della responsabilità di CFF ai sensi dell'art. 2560 c.c. "in quanto essa contrasterebbe con le conclusioni rassegnate dalle ricorrenti, così come riportate nella sentenza del tribunale e con il dispositivo della sentenza di primo grado.
Con il quinto motivo contestano la pronuncia di difetto di legittimazione, in capo ad esse ricorrenti, a proporre l'azione di cui all'art. 1415 c.c., comma 2, sul presupposto che le stesse non avrebbero vantato un preesistente diritto di credito nei confronti del dissimulato acquirente dell'azienda.
Con il sesto motivo lamentano l'omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento danni per avere causato lo stato d'insolvenza del loro debitore originario, la Creations et Parfums s.r.l., nella misura degli importi dei relativi crediti rimasti insoddisfatti a seguito del concordato fallimentare intervenuto con la stessa;
Con il settimo motivo si dolgono del mancato rilevamento da parte della Corte d'appello della inammissibilità dell'intervento della Redifin sotto il profilo della carenza d'interesse. Va preliminarmente osservato che la resistente ha eccepito la inammissibilità di ogni capitolo per violazione dell'art. 366 bis c.p.c.. Tali eccezioni sono tutte infondate. Al ricorso per cassazione in questione devono essere applicate le disposizioni di cui al capo I del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006) e, per quel che occupa, quella contenuta nell'art. 366 bis c.p.c., alla stregua della quale l'illustrazione del motivi di ricorso, nei casi di cui all'art. 360, nn. 1, 2, 3 e 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto; mentre per l'ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorso deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione per cui la relativa censura; in altri termini deve cioè contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. (Cass. sez. un. 20603/07).
In altri termini,il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l'indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. La mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile. (Cass. 24339/08). Più in particolare il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;
b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. (Cass. 19769/08; Cass. 8463/09; Cass. 774/11). Nel caso di specie i quesiti recano la riassuntiva esposizione delle argomentazioni della Corte d'appello e dei principi di diritto applicati e recano altresì l'indicazione della diversa regola di diritto che secondo le ricorrenti si sarebbe dovuta applicare.
I quesiti si concludono infatti con l'interrogativo a questa Corte sul come debba essere decisa la questione prospettata prospettando sia pure in forma interrogativa la diversa opzione giuridica che secondo le ricorrenti si sarebbe dovuta applicare.
I quesiti alla luce di quanto detto risultano dunque adeguati e sufficientemente specifici.
Venendo all'esame del merito, i primi quattro motivi tra loro connessi, riferentesi alla legittimazione attiva, possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano infondati.
La prima questione che si pone (primo motivo) è quella della sussistenza nel caso di specie di una situazione di carenza di legittimazione attiva ovvero di titolarità del rapporto.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione diretta all'ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza. Ne consegue che, a differenza della "legitimatio ad causam" (il cui eventuale difetto è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio), intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l'eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo appunto al merito, non è rilevabile d'ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, per farla valere proficuamente, deve essere tempestivamente formulata. (ex plurimis da ultimo Cass. 1284/10; Cass. 14177/11). Nel caso di specie questa Corte ha in diverse circostanze affermato che l'art. 1415 c.c., comma 2, legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, sol perchè in rapporto con i simulanti, possono instare per l'accertamento della simulazione, dovendosi invece riconoscere il relativo potere di azione o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall'apparenza dell'atto. (Cass. 28610/13; Cass. 4023/07; Cass. 6651/05).
In altri termini, l'azione di simulazione da parte del terzo in confronto delle parti, ai sensi dell'art. 1415 c.c., comma 2, postula un interesse correlato all'esercizio di un proprio diritto e, pertanto, qualora un tale diritto risulti inconfigurabile, o comunque non pregiudicato dall'atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi. (Cass. 2885/02; Cass. 10848/97).
In sostanza, questa Corte ha ripetutamente ritenuto che l'art. 1415 c.c., comma 2, è una norma di carattere processuale nel senso che consente in via eccezionale la legittimazione ad agire anche ai terzi, che normalmente,essendo estranei alla pattuizione concordataria, ne sarebbero privi, purchè essi subiscano un pregiudizio ad un loro diritto dall'accordo simulato.
Tale circostanza quindi, lungi dal costituire una valutazione di merito e quindi di titolarità del rapporto, costituisce un presupposto processuale attributivo di legittimazione ad agire al terzo suscettibile di accertamento da parte del giudice a prescindere dalla prospettazione del rapporto fattane dalla parte.

Altre due questioni poste dai motivi in esame (secondo, terzo e quarto) sono costituite dalla circostanza se, come sostenuto dalle ricorrenti, la domanda di simulazione rivestisse carattere incidentale in quanto strumentale alla domanda di responsabilità solidale della CFF ex art. 2560 c.c., comma 2, quale effettiva acquirente dell'azienda, ovvero domanda principale di accertamento, come ritenuto dalla Corte d'appello, ed inoltre se,a fronte della qualificazione della domanda come incidentale da parte del giudice di primo grado, la Corte d'appello, in assenza di impugnazione sul punto, potesse invece qualificarla come principale.
La prima questione è stata oggetto di esame da parte della sentenza impugnata che, esaminando le conclusioni delle ricorrenti in primo grado, ha rilevato che le stesse avevano chiesto in primo luogo di accertare l'esistenza di un contratto d'azienda dissimulato e solo in conseguenza di ciò avevano chiesto di dichiarare la responsabilità solidale ex art. 2560 c.c., comma 2. Di conseguenza la Corte d'appello ha ritenuto che la sentenza di primo grado sulla base della domanda aveva accertato la natura simulata del contratto d'affitto e l'esistenza di un contratto di cessione d'azienda e conseguentemente dichiarato la responsabilità ex art. 2560 c.c. con condanna al pagamento di quanto dovuto.
Ha poi osservato la Corte territoriale che la pronuncia di simulazione costituiva il presupposto indispensabile per pronunciare la responsabilità e che,quindi, la domanda di simulazione doveva ritenersi proposta in via principale. Tale motivazione appare corretta. In punto di fatto essa corrisponde alle risultanze processuali (cui questa Corte può avere accesso essendo stato dedotto il giudicato sulla natura incidentale della domanda di simulazione). Sul punto si concorda,in particolare, che dalla formulazione della domanda la stessa non risulta in alcun modo proposta in via incidentale nelle conclusioni di primo grado nè dalla sentenza di primo grado risulta che il Tribunale abbia emesso una pronuncia di carattere incidentale risultando anche dal dispositivo il collegamento tra l'accertamento della simulazione e la dichiarazione di responsabilità.
La sentenza impugnata è corretta altresì in punto diritto in quanto l'accertamento della simulazione comporta come effetto derivato l'inopponibilità della simulazione al terzo, effetto questo che costituiva il presupposto indispensabile per l'accoglimento della domanda di responsabilità ex art. 2560 c.c. e quindi necessariamente la stessa non poteva avere carattere incidentale bensì principale.
Da quanto detto discende altresì che,non avendo il giudice di prime cure effettuato alcuna pronuncia atta a definire la domanda di simulazione come incidentale, sul punto non si era formato alcun giudicato.
Con il quinto motivo si pone la questione se la legittimazione di cui all'art. 1415 c.c., comma 2 presupponga la preesistenza del diritto del terzo rispetto all'atto simulato che pregiudichi i loro diritti come sostenuto dalle ricorrenti. Il motivo è fondato.
Questa Corte, come in precedenza rammentato, ha già affermato a tale riguardo che l'esperibilità dell'azione di simulazione da parte del terzo in confronto delle parti, ai sensi dell'art. 1415, comma 2, postula un interesse correlato all'esercizio di un proprio diritto:
qualora tale diritto risulti inconfigurabile o non pregiudicato dall'atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi (Cass. 28610/13; Cass. 2885/02; Cass. n. 3836/95; Cass. n. 10848/97).
In tal senso è stato ritenuto che "l'art. 1415 c.c., comma 2, che legittima i terzi a far valere la simulazione del contratto nei confronti delle parti quando essa pregiudica i loro diritti, non consente di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di ogni terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale sottostante all'atto impugnato. La legittimazione è legata al pregiudizio di un diritto nascente dal contratto simulato con la conseguenza che non tutti i terzi i quali vengono in rapporto con i simulanti potranno far valere la simulazione dovendosi riconoscere il relativo potere di azione - e quindi, di eccezione - soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti collegata alla situazione concreta posta in essere dai contraenti ed incisa negativamente dall'apparenza dell'atto e che, come tali, possono promuovere l'accertamento della simulazione per conseguire l'inopponibilità del regolamento (pregiudizievole) simulato ed avvalersi di quello dissimulato ovvero della situazioni precedente all'atto, nel caso di simulazione assoluta. Dalla legittimazione devono ritenersi, dunque, esclusi coloro che non siano pregiudizialmente coinvolti dalla titolarità o dalla mera apparenza dei diritti risultanti dal contratto". (Cass. 6651/05). Tali principi non sono stati nel caso di specie correttamente applicati.
La Corte d'appello ha rilevato che le ricorrenti, prima della stipula del contratto asserito simulato non avevano alcun diritto verso la società affittuaria (ritenuta dissimulata acquirente) nei cui confronti è stata proposta la domanda ex art. 2560 c.c.. L'affitto di azienda non avrebbe pertanto arrecato alcun pregiudizio alle ricorrenti da parte dell'affittuario ma semmai da parte della affittante fallita sotto il profilo della diminuzione della garanzia patrimoniale in caso di inadeguatezza del canone di affitto. In altri termini, il diritto fatto valere derivante dall'art. 2560 c.c. non preesisteva all'accertamento della simulazione ma era conseguenza di questa in ragione del riconoscimento del fatto che il negozio effettivamente stipulato era un cessione d'azienda. In sostanza quindi, le ricorrenti non avrebbero fatto valere la violazione di un loro diritto ma invocato l'esistenza di un nuovo diritto nascente dal contratto simulato per ottenere un pagamento da parte della ritenuta simulata cessionaria nei cui confronti non vantavano in precedenza alcun titolo. Va premesso che l'art. 1415 c.c., comma 2, non fa alcun riferimento alla preesistenza del diritto del terzo rispetto al negozio simulato ed in tal senso questa Corte,diversamente da quanto ritenuto dalla impugnata sentenza, ha già affermato che il terzo creditore è legittimato a far valere la simulazione di un atto posto in essere dal suo debitore e per lui pregiudizievole, anche se il suo credito non è anteriore all'atto simulato. (Cass. 1127/87). Ciò posto è stato altresì già chiarito che il terzo legittimato a far valere la simulazione, ex art. 1415 c.c., comma 2, è quello pregiudicato dalla situazione apparente, e cioè colui che, in base alla situazione effettiva, vanta un diritto che viene escluso, reso inopponibile o ridotto in base all'atto simulato (Cass. 2085/02).
Nel caso di specie, non è dubbio che le ricorrenti, creditrici della Creations et Parfums srl, per effetto del dedotto simulato affitto di azienda costituente invece una cessione della stessa, avrebbero subito un consistente diminuzione delle loro garanzie patrimoniali con conseguente pregiudizio per la realizzazione del proprio credito, come si sarebbe evinto poi dall'avvenuta ammissione della debitrice al concordato preventivo e dal successivo fallimento della stessa.
In tal senso le stesse avevano certamente interesse a promuovere l'accertamento della simulazione per conseguire la inopponibilità del regolamento (pregiudizievole) simulato ed avvalersi di quello dissimulato. (v. Cass. 6651/05). Va a tale proposito inoltre osservato che, in realtà, le ricorrenti non hanno azionato alcun nuovo diritto nei confronti della dedotta simulata affittuaria poichè le stesse hanno fatto valere nei confronti di quest'ultima il credito originario asseritamente vantato nei confronti della Creations et Parfums srl che,proprio in virtù del contratto dissimulato di cui essi sostengono di potersi avvalere, si sarebbe esteso ex art. 2560 c.c. nei confronti della Creative Flavour and Fragances.
Il motivo va quindi accolto, dovendo il giudice di rinvio valutare nel merito la sussistenza o meno della simulazione con le ulteriori conseguenze. Il quinto ed il sesto motivo del ricorso principale restano assorbiti così come il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.


P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo del ricorso principale, rigetta i primi quattro e dichiara assorbiti il sesto ed il settimo nonchè il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2015

 

 

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